Crisi di impresa: Maggior favore per il creditore fondiario

di Avv. Monica Totti
Come è noto, il credito fondiario gode di una disciplina di favore di carattere processuale, oltre che, ovviamente sostanziale, consistente, fra l’altro, nella possibilità, in sede esecutiva, di evitare l’improcedibilità della esecuzione in caso di dichiarazione di fallimento del debitore.
L’art. 41, comma secondo, del d.lgs. 1 settembre 1993, n. 385 dispone che «l’azione esecutiva sui beni ipotecati a garanzia di finanziamenti fondiari può essere iniziata o proseguita dalla banca anche dopo la dichiarazione di fallimento del debitore. Il curatore ha facoltà di intervenire nell’esecuzione. La somma ricavata dall’esecuzione, eccedente la quota che in sede di riparto risulta spettante alla banca, viene attribuita al fallimento». L’espropriazione intrapresa dal creditore fondiario costituisce infatti la principale delle eccezioni consentite dall’art. 51 L.F. al divieto di azioni esecutive individuali dopo l’apertura del fallimento.
L’art. 14-quinquies della legge 27 gennaio 2012, n. 3, vietava invece l’avvio e la prosecuzione di qualsivoglia azione esecutiva sul patrimonio del debitore dopo l’apertura della procedura per la composizione della crisi, escludendo così l’applicabilità di tale privilegio, cosicchè le esecuzioni iniziate venivano dichiarate estinte.
Il codice della crisi sembra invece consentire l’azione esecutiva individuale del creditore fondiario anche dopo la dichiarazione di apertura della liquidazione.
Infatti, l’art. 270, comma 4, c.c.i., relativo alla procedura di liquidazione controllata, limitandosi a richiamare l’applicazione, in quanto compatibile, dell’art 150 c.c.i., che dispone che, «salvo diversa disposizione della legge, dal giorno della dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale nessuna azione individuale esecutiva o cautelare anche per crediti maturati durante la liquidazione giudiziale, può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nella procedura», e riproducendo così pressoché testualmente il tenore dell’art. 51 L.F., con la sola differenza di sostituire l’espressione «liquidazione giudiziale» a «fallimento», consente pertanto l’azione esecutiva individuale dei creditori fondiari anche dopo la dichiarazione di apertura della liquidazione giudiziale, esattamente come nel fallimento.
La differenza fra il codice della crisi e dell’insolvenza e la Legge 3/2012 è pertanto sostanziale, in quanto l’art. 150 c.c.i. facendo salve le diverse disposizioni di legge e, fra esse, l’art. 41, comma 2, TUB non vieta, contrariamente a quanto avveniva nella vigenza della precedente disciplina, l’azione esecutiva individuale del creditore munito di privilegio fondiario, ferma restando la necessità per il medesimo di insinuazione del credito nel passivo della procedura di liquidazione, come disposto dall’art. 151 c.c.i., richiamato dall’art. 270 c.c.i., in base al quale ogni credito, anche se esentato dal divieto di cui all’art. 150 c.c.i., deve essere accertato secondo le norme stabilite per l’accertamento del passivo, come previsto anche dall’art. 52, comma 3, L.F.

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