L’obbligo di mantenimento dei figli NEET

di Avv. Gian Patrizio Cremonini
Il problema
Da qualche anno si parla molto di ragazzi NEET, vale a dire quella grande percentuale di giovani che, per i motivi più vari, non studiano né cercano attivamente lavoro. Prescindendo dalle ragioni sociali del fenomeno, è legittimo chiedersi se i genitori abbiano l’obbligo di mantenere vita natural durante il figlio che non studia né lavora, oppure abbiano il diritto di sottrarsi a tale impegno economico per spingerlo verso l’autonomia.
I principi che regolano la materia
L’art. 315 bis del codice civile prevede che ogni figlio abbia il diritto di essere mantenuto dai propri genitori, ma le condizioni che regolano tale obbligo sono diverse a seconda che il figlio sia minorenne o maggiorenne.
L’obbligo di mantenimento del figlio minorenne è assoluto ed incondizionato, e non viene meno per il fatto che il minore non segue o non segue con profitto il programma di studio o formazione prescelto. Infatti, secondo la giurisprudenza, la minor età implica di per sé uno stato di bisogno del figlio, che entrambi i genitori debbono necessariamente soddisfare in proporzione alle rispettive sostanze ed alla capacità di lavoro (Cass. pen. 17766/2019; 316 bis c.c.).
Discorso più articolato, invece, vale per il figlio maggiorenne. Poiché quest’ultimo è a tutti gli effetti un adulto, l’obbligo al mantenimento è temperato dal cd. “principio di autoresponsabilità”, in base al quale il diritto del figlio al mantenimento si giustifica solo se quest’ultimo si sta impegnando a portare a termine un progetto educativo e di formazione professionale. La giurisprudenza ha chiarito inoltre che tale progetto, per quanto necessariamente rispondente alle capacità, inclinazioni naturali ed aspirazioni del figlio, deve essere realisticamente compatibile con le condizioni economiche dei genitori, che altrimenti si troverebbero esposti ad un impegno economico sproporzionato rispetto alle loro forze (Cass. n. 12952/2016).
Pertanto, il mantenimento non spetta nè ai figli maggiorenni che si sono già avviati ad un’attività lavorativa tale da consentir loro una concreta prospettiva d’indipendenza economica (Trib. Torino n. 2281/2023), né a quelli che risultano già inseriti in un diverso nucleo familiare o di vita comune, in tal modo interrompendo la dipendenza dalla famiglia d’origine (Cass. n. 12477/2004).
Inoltre, il mantenimento non spetta nemmeno ai figli maggioreni che non si applichino con sufficiente diligenza nel portare a termine il percorso di studio o formazione prescelto, oppure a quelli che, una volta ultimato il percorso, non si impegnino nella ricerca di un’occupazione, anche eventualmente non corrispondente a quella desiderata.
Infatti, secondo la Cassazione, la ricerca di un lavoro adeguato alla propria formazione, con rifiuto di ogni alternativa lavorativa, non può risolversi una forma di “parassitismo economico” praticato da figli ormai adulti nei confronti dei genitori, dovendo il figlio perseguire lo scopo della propria autonomia economica (Cass. n. 12952/2016).
La soluzione
In concreto, spetta al Giudice di verificare, caso per caso, se l’impegno del figlio nel proprio percorso di studio, formazione e ricerca di lavoro sia tale da giustificare l’obbligo di mantenimento da parte dei genitori. Per guidarlo in tale valutazione, la giurisprudenza ha elaborato una serie di criteri.
In primo luogo, il Giudice dovrà valutare se il figlio tenga o meno un comportamento di colpevole negligenza nel compimento del percorso intrapreso, ovvero se non si applichi nella ricerca di occasioni di lavoro. Tale valutazione andrà necessariamente eseguita in rapporto al percorso scolastico o di formazione professionale prescelti e/o alla situazione attuale del mercato del lavoro (Cass. n. 19589/2011, n. 15756/2006), essendo accertato, in giurisprudenza, che l’attuale crisi occupazionale impone di considerare anche sbocchi lavorativi non necessariamente rispondenti alle aspirazioni del figlio (Cass. n. 12952/2016).
In secondo luogo, tale valutazione dovrà essere compiuta con criteri di rigore proporzionalmente crescente in rapporto all’età del figlio, in modo da escludere che l’obbligo assistenziale a carico dei genitori si protragga oltre ragionevoli limiti di tempo e di misura (Cass. n. 12952/2016)
In terzo luogo, il Giudice dovrà valutare se l’apparente inerzia del figlio nel perseguire i propri obiettivi sia giustificata da eventuali circostanze che ostacolino il perseguimento dell’indipendenza economica (quali – a titolo di esempio – la necessità di assistere assiduamente un genitore un parente malato, ovvero la presenza di altri ineludibili ostacoli al percorso prescelto).
In sintesi:
La mancata diligenza del figlio maggiorenne nel perseguimento del proprio percorso di studio o formazione, ovvero il rifiuto o la mancata ricerca di un’occupazione anche non perfettamente corrispondente alle aspettative, se protratti per un tempo superiore a quello normalmente necessario al raggiungimento dell’autonomia economica, può tradursi in una valutazione di colpevole inerzia, idonea a comportare la cessazione dell’obbligo di mantenimento (Cass. n. 12952/2016).

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