La clausola di esclusione della applicabilità dell’art. 1957 c.c. nelle fideiussioni dopo la sentenza delle S. U. n. 41994/2021

di Avv. Monica Totti
La sorte della clausola di esclusione della applicabilità dell’art. 1957 c.c. nei contratti di fideiussione a seguito della sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione n. 41994/2021: spunti di difesa per le Banche
Con la sentenza n. 41994/2021, le Sezioni Unite della Corte di Cassazione in data 30 dicembre 2021 si sono espresse sul tema della nullità parziale dei contratti di fideiussione basati sullo schema predisposto dall’ABI, dichiarato contrario alla disciplina antitrust stabilendo che «I contratti di fideiussione a valle di intese dichiarate parzialmente nulle dall’Autorità Garante, in relazione alle sole clausole contrastanti con gli artt. 2, comma 2, lett. a) della legge n. 287 del 1990 e 101 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, sono parzialmente nulli, ai sensi degli artt. 2, comma 3 della legge succitata e dell’art. 1419 cod. civ., in relazione alle sole clausole che riproducano quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata, salvo che sia desumibile dal contratto, o sia altrimenti comprovata, una diversa volontà delle parti».
Tale sentenza ha certamente una portata negativa per il ceto creditorio bancario, soprattutto in relazione al “diritto all’azione” nei confronti dei garanti– come noto spesso gli unici ad avere una qualche solvibilità in grado di attuare in concreto la generale garanzia patrimoniale di cui all’art. 2740 c.c. – nel caso in cui la clausola contenuta in detti contratti, che esclude l’applicazione dei termini di cui all’art. 1957 c.c., venga dichiarata nulla, in quanto riproduttiva dello schema di cui alla intesa vietata. Tale circostanza comporterebbe infatti l’operatività della suddetta norma, con la conseguenza che il fideiussore rimarrebbe “obbligato pur dopo la scadenza dell’obbligazione principale, solo a condizione che il creditore entro sei mesi abbia proposto le sue istanze contro il debitore e le abbia con diligenza continuate».
Tuttavia, è bene evidenziare che è ormai pacifico sia in dottrina che in giurisprudenza che la nullità parziale delle clausole riproducenti quelle dello schema unilaterale costituente l’intesa vietata riguarda esclusivamente le fideiussioni/garanzie “omnibus”. Del resto, nella ricostruzione della fattispecie, le SS.UU. ricordano che l’Autorità Garante per la concorrenza nel parere n. 14251 evidenziò che la disciplina della “fideiussione omnibus” di cui allo schema ABI presentava clausole idonee (nn. 2, 6 ed 8) a restringere la concorrenza, richiamando quindi esclusivamente tale tipologia di fideiussione.
Nell’ipotesi in cui la fideiussione sia “omnibus” la Banca potrà pertanto difendersi rilevando tale circostanza. In un caso analogo, in una recentissima sentenza n. 759/2023 pubblicata il 3 aprile 2023 il Tribunale di Bologna ha rigettato l’opposizione rilevando che “come ha già più volte statuito in condivisibili pronunce questo Tribunale (v. ex multis, Trib. Bologna n. 64 del 13 gennaio 2022; Trib. Bologna n. 826 del 28 marzo 2022), la disciplina di cui alla L. n. 287/1990 riguarda solo le fideiussioni omnibus, mentre non si applica alle fideiussioni specifiche”.
Inoltre, come detto, la nullità in questione non è totale, ma parziale, pertanto laddove l’opponente chieda di dichiararsi solo la nullità “totale” del contratto e non anche la nullità “parziale”, quantomeno in sede di precisazione conclusioni, il Giudice non potrebbe dichiarare la nullità “parziale” poiché incorrerebbe nel vizio di “ultrapetizione”. Tale circostanza potrebbe essere rilevata in sede di memorie conclusive o essere fatta valere nella impugnazione.
Ad ogni buon conto, alla luce della sentenza delle Sezioni Unite e fermo restando che la nullità parziale del contratto in relazione alla suddetta clausola non può essere rilevata d’ufficio, nel caso in cui la garanzia in questione sia qualificabile come fideiussione omnibus, o nel caso di incertezza circa la qualificazione della stessa, si ritiene opportuno che gli Istituti di credito si tutelino proponendo e continuando le azioni nei confronti del debitore e/o del fideiussore entro sei mesi dalla scadenza della obbligazione principale e ciò al fine di poter provare in caso di opposizione a decreto ingiuntivo in cui venga sollevata tale eccezione, che l’obbligazione fideiussoria non può essere dichiarata estinta, avendo la Banca dato prova di avere dato corso alle azioni nei termini di cui all’art. 1957 c.c.
Tale orientamento ha trovato accoglimento anche in due recentissime sentenze ottenute da CMI & Associati Studio Legale:
– Tribunale di Bologna, Terza Sezione Civile, sentenza 3 aprile 2023 n. 759;
– Tribunale di Reggio Emilia, Seconda Sezione Civile, sentenza 3 maggio 2023 n. 500.

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